La produzione in passato è stata considerata la sorella povera della logistica. Infatti le sue caratteristiche di rumorosità, sporcizia e fonte di guai l’ha resa una “sfortunata necessità”. Ne consegue che i componenti del consiglio di amministrazione (CFO, CEO, CMO, …) la considerano una attività da allontanare e silenziare mandandola in outsourcing.

Oggi ha migliorato il suo stato grazie alla promessa di aumentare l’EBITDA grazie all’utilizzo di nuove tecnologie e l’avvento di IIoT (Industrial Internet of Things). Per questo il management aziendale si interessa sempre più ai dati di produzione. Sfortunatamente il percorso attraverso il quale i dati salgono le scale dalla produzione agli uffici direzionali è fatto per lo più di fogli di calcolo. Si tratta quindi di inserimenti manuali, con alti tassi di duplicazione dei dati e alti costi di creazione che ricadono per lo più sulla produzione stessa.

La buona notizia è che l’aumento dell’affidabilità dei dati raccolti dal campo automaticamente ha alleviato il carico di lavoro per la loro raccolta e sarà sempre più così. Revamping, nuovi investimenti e democratizzazione dei costi dei sensori rendono sempre più facile acquisire dati “live”. Ma per farsene cosa? Cari top manager, non sapete che domande fare all’oracolo dei dati raccolti? Non è il caso di preoccuparsi appena iniziate il percorso vedrete che le cose saranno molto più chiare.

C’è un piccolo problema, però da risolvere. Taluni sostengono che come sempre i processi di digitalizzazione aumentano la quantità (dei dati) ma a scapito della qualità. Per renderli utili è fondamentale connettere, aggregare, integrare e relazionare la massa dei dati raccolti con i fatti di produzione che non sono automatizzati. Ok, capito. Ma nessuno vuole che collegamenti siano manuali, devono essere automatici non delegate all’analista di turno. Come?

Studiando il processo manifatturiero in dettaglio si trovano molte opportunità per relazionare in automatico i dati, l’importante è mantenere una visione di insieme. Questo compito non può essere fatto a livello executive manager perché a quel livello mancano i dettagli dei processi. D’altra parte non può essere delegata ai responsabili della produzione perché hanno troppi dati e non vedendo lo schema generale non riescono ad orientarsi.

L’equilibrio per trovare quali dati e quali relazioni nasce dal lavoro di gruppo eventualmente coadiuvato da un mentore o coach che guidi il progetto ma che sia terzo rispetto agli interessi di ciascuno degli attori coinvolti. La sua prerogativa sarà quella di pensare al processo produttivo come ad un generatore di flusso di dati, un insieme di segnali fluidi, liquidi e senza interruzioni più simile ad un suono che ad un database di diversi valori indipendenti.

E’ un processo che taluni ritengono impossibile per l’avversione da parte della fabbrica dei dati a condividerli. La resistenza al cambiamento e la gelosia possono essere scambiati equamente tramite la messa a disposizione di strumenti innovativi, che semplifichino il lavoro quotidiano agli operatori sul campo e al tempo stesso raccolgano quei dati da condividere senza chiedere sforzi aggiuntivi. I manager hanno bisogno di misurare le prestazioni, le capacità produttive, la qualità dei prodotti a partire dai dati di produzione. Ricambieranno con miglioramenti alle procedure operative, aggiornamenti alle tecnologie di automazione per ottenere più dati, investimenti negli apparati di produzione e aumento delle competenze degli operatori.

Un approccio tentato tante volte è quello di utilizzare strumenti tipicamente IT. Molti manager, fanno collegare le macchine di produzione a sistemi di livello ERP sperando poi di generare un ciclo di miglioramento continuo, direttamente sui tali sistemi. La nostra esperienza è che così si rischia di generare solo una quantità tale di dati da renderli insignificanti (rumore). Un approccio migliore sta nell’abilitare le macchine di produzione a comunicare con sistemi MES / MOM per sincronizzarli con i processi di pianificazione, di controllo della qualità e di manutenzione che rendono quei dati leggibili, aggregabili perché relazionati coi “fatti di fabbrica”. Si ottengono così suoni non rumori.

A quel punto sarà possibile analizzarli e ottenerne gli elementi chiave per misurare il funzionamento della produzione e mettere in pratica i miglioramenti progressivi. Sarà chiaro allora anche “che domande fare” e verso quali obiettivi dirigere l’analisi.